mercoledì 21 gennaio 2015

Prima intervista dall'altra parte del microfono: tre articoli su Lettera43 per parlare del Brasile a Pisa

L'associazione culturale italo-brasiliana Encontro, di cui faccio parte dal 2012 e di cui ho parlato in questo blog, è finita sotto i riflettori della stampa nazionale con una intervista pubblicata in tre parti sul quotidiano online Lettera 43. Il giornalista Francesco Giappichini, che sulla rivista gestisce un blog dedicato all'America Latina, era interessato a conoscere il nostro progetto interculturale e ha pensato di interrogarmi sull'argomento :-)


Ci ha fatto molto piacere leggere di come rappresentiamo "un'iniziativa di successo, che sa non solo autofinanziarsi, ma anche finanziare altri, un'iniziativa capace di coinvolgere sia italiani sia brasiliani, e di attrarre personalità che sono, nei fatti, protagoniste della rotta Roma - Rio, capace di costruire e sostenere un solido ponte, che oggi collega a meraviglia le genti della settima e dell'ottava potenza economica mondiale". Siamo stati descritti anche come "icona e simbolo di quell'Italia che sa dialogare col più importante Paese dell'America latina, la sua società civile, i suoi artisti e intellettuali, gli addetti ai lavori che ne fanno una professione".

Ecco quindi i tre articoli in cui è stata suddivisa l'intervista, per la quale ringrazio ancora una volta Francesco Giappichini e tutta la redazione di Lettera 43:
- http://www.lettera43.it/blog/americanos43/storie/brasile-e-toscana-il-ponte-della-sinistra_43675153118.htm
- http://www.lettera43.it/blog/americanos43/storie/brasile-perche-il-modello-pisano-e-vincente_43675153222.htm
http://www.lettera43.it/blog/americanos43/storie/il-brasile-a-pisa-le-ragioni-del-successo_43675153850.htm

lunedì 12 gennaio 2015

Se "Je suis Charlie" vuol dire anche "Io resto umana" allora io sono Charlie!

11 gennaio 2015: Parigi risponde al terrore
Anche a Rio de Janeiro são todos Charlie

Studenti pistoiesi per la libertà d'espressione
Con il sindaco di Pistoia Samuele Bertinelli
Non avevo mai letto Charlie Hebdo perché non trovavo intelligenti molte delle loro vignette e non mi sono identificata come Je suis Charlie dopo i tragici fatti di Parigi. Capisco però, che al pari di tutti gli hashtag e gli slogans, si tratta di un modo per semplificare e per veicolare un messaggio, che doveva essere quello del ripudio verso la violenza e il terrore. Quindi anche io sono Charlie nel senso che rinnego ogni forma di prevaricazione e di mancanza di rispetto nei confronti della VITA. Purtroppo con questo hashtag si rischia di cadere nella retorica e di dimenticare che dietro agli attentati ci sono rapporti di forza tra i paesi, interessi contrapposti e non solo guerre di religione. Meno che mai scontri tra civiltà come vogliono farci credere. Cerchiamo di evitare questo tipo di contrapposizioni tra i popoli e tra le persone. I nostri cugini francesi nel 1789 hanno fatto una bella e grande rivoluzione per questo. 
La bellezza di Piazza della Repubblica nella giornata dell'11 gennaio 2015 ci parla di questo: di uguaglianza, libertà e fratellanza. 
Cerchiamo di raccogliere ogni giorno quell'eredità storica, il portato più nobile di quei valori. 
Non c'è giustizia nel mondo (e di conseguenza non c'è
Matite e candele sotto Fonte Gaia, a Siena
pace) e questo può creare in alcune persone deboli per storia familiare, condizioni economiche e scarsa educazione morale ricevuta, il miraggio di avere un ruolo nella società attraverso il reclutamento in un gruppo terroristico. 

Un pò lo stesso fenomeno che avviene con la mafia o con la camorra. E' con l'educazione e il rispetto verso la vita di ogni essere umano che si combatte il terrorismo. Certo, se la ricchezza nel mondo fosse distribuita più equamente e non ci fosse più il commercio delle armi che spesso è il combustibile delle guerre... le cose sarebbero molto più semplici.
Ma intanto, cercando di allontanare da me questa sensazione di impotenza, faccio mie le parole di Vittorio Arrigoni: "Restiamo umani". Con nel cuore le vittime di tutte le guerre e di tutte le ingiustizie, perché non esistono morti di serie A e morti di serie B.