lunedì 30 dicembre 2024

Storie di Pistoia - Lorenzo Cipriani e la Milanto Expedition sui mari del Sud

Intervista a Lorenzo Cipriani, storico dell'arte e velista. Il 2020 gli ha donato un sogno

PISTOIA, 31 dicembre 2020 

Sta per finire un anno difficilissimo, che oltre ad aver portato lutti e disperazione in moltissime famiglie, ha messo in stand-by la vita delle persone, creando enormi punti interrogativi sul futuro, a livello economico e lavorativo.

Il 2020 verrà ricordato come l’anno del lockdown, dell’isolamento tra le mura di casa e delle videochiamate. I viaggi un argomento da archiviare temporaneamente nell’album dei ricordi.

 

C’è però un pistoiese che sta esplorando il mondo e lo sta facendo a bordo di una barca a vela, come comandante in seconda. Si chiama Lorenzo Cipriani, storico dell’arte ed esperto nella gestione di eventi culturali. Lorenzo, è il caso di dirlo, è anche figlio d’arte, in quanto il padre, Alberto, è uno degli storici più conosciuti di Pistoia ed è attualmente vicepresidente della Società Pistoiese di Storia Patria e direttore responsabile del Bullettino storico pistoiese. 

Anche Lorenzo, con questa sua impresa, condotta a quattro mani con lo skipper pratese Valerio Bardi a bordo della Milanto 46, si prepara a scrivere un pezzo importante della storia di Pistoia, dato che d’ora in avanti verrà ricordato come il Vasco da Gama nostrale.

Non sono molti coloro che possono affermare di aver ripetuto le imprese del grande navigatore portoghese, uno dei primi, insieme a Bartolomeo Diaz, alla fine del 1500, a riuscire a doppiare il temuto Capo di Buona Speranza, all’estrema punta del Sudafrica. Lorenzo è uno di questi e ce lo racconta lui stesso:

“Da dove ci troviamo attualmente, a Città del Capo, l’emozione di essere passati dal Capo di Buona Speranza è ancora forte. Per noi è stato un passaggio fondamentale, dato che, insieme a Capo Horn, rappresenta il sogno di ogni velista. All'inizio, su iniziativa dei navigatori portoghesi, venne chiamato Cabo Tormentoso, in riferimento alla sua pericolosità e alla presenza della corrente di Agulhas, che scontrandosi con venti contrari alla sua direzione crea delle onde alte anche 20 metri, capaci di spaccare in due petroliere e navi cargo.

Il nome attuale del Capo di Buona Speranza fu scelto per augurare con un moto di ottimismo un buon passaggio ai navigatori. Noi abbiamo aspettato le ‘finestre’ giuste per attraversarlo”.

Il viaggio di Lorenzo e Valerio è partito l’11 gennaio scorso da Santa Lucia, nelle piccole Antille. Attraversato il Mar dei Caraibi e il canale di Panama, è poi iniziata la navigazione nell'Oceano Pacifico, toccando le Isole Galapagos, la Polinesia Francese e le Isole Fiji.

 


Dallo Stretto di Torres, che separa la Papua Nuova Guinea dall’Australia, sono entrati nell'Oceano Indiano, con una tappa in Indonesia, per poi arrivare nell’Isola della Réunion, ultimo avamposto prima del continente africano.

L’intero viaggio, della durata di 15 mesi, per un totale di 26.000 miglia nautiche, si inserisce nella World Arc 2020, una flotta di circa 40 imbarcazioni destinata a circumnavigare il mondo.

Durante le 13 tratte della Milanto Expedition - così si chiama l’avventura di Valerio e Lorenzo - l’esperienza viene condivisa con dei compagni di viaggio, che pagano una quota di partecipazione, permettendo così ai due skipper di autofinanziarsi.

Milanto - Swan MK II è una barca progettata dal velista e architetto navale argentino Germàn Frers nel 1994 per Nautor Swan: lunga 46 piedi (quasi 15 metri), è una barca vecchio stile, concepita per fare lunghe traversate oceaniche. Un tempo, barche di questo tipo erano chiamate 'all-round', dovevano infatti navigare alla stessa velocità a tutte le andature: di poppa, di traverso e di bolina.

E’ una barca che sa reggere bene il mare e molto robusta, ci riferisce orgoglioso Lorenzo. Del resto ha un carattere toscano, non solo perché è condotta da due toscani doc, ma anche perché la Nautor Swan è stata recentemente acquistata dal gruppo Ferragamo, la prestigiosa casa di moda con sede a Firenze.
Anche un viaggio in barca a vela intorno al mondo non poteva non essere influenzato dalla pandemia. Una volta approdati alle Isole Marchesi, dopo tre settimane di navigazione, Valerio e Lorenzo sono stati respinti dalle autorità locali e sono stati costretti a stare alla fonda, in quarantena, per due settimane, nella baia antistante l’isola di Hiva Oa, celebre per essere il luogo dove vissero il pittore impressionista Paul Gauguin e il cantante belga Jacques Brel.


Una volta ripreso il viaggio e approdati a Tahiti, è iniziato un lockdown di circa un mese, vissuto a contatto con la natura incontaminata della Polinesia francese.

Le giornate si dividevano tra le nuotate nella laguna, esplorando il reef, le corse sulle colline dell'isola e la spesa, sempre autorizzata tramite un certificato.

La pandemia ha reso più impegnativa la navigazione, con tratte più lunghe e complesse e dunque più pericolose. Come quando Milanto ha percorso un tratto senza tappe intermedie di 4000 miglia e per quasi un mese non è potuta sbarcare in un porto di appoggio. Nessuna delle isole tra le Fiji e l’Indonesia era aperta, sia le Vanuatu, che la Papua Nuova Guinea, che l’intera Australia.

Queste difficoltà tuttavia, hanno dato luogo ad emozioni fortissime, come quelle provate di fronte alle Isole della Società o alle Isole Tuamotu: luoghi totalmente privi di turismo e senza aerei in cielo né navi per mare, come doveva averli visti James Cook nel 1700 durante il suo primo viaggio di esplorazione.

"Ricorderò sempre - racconta Lorenzo - la notte in cui siamo arrivati a Bora Bora. Nella baia più grande abbiamo dato fondo all'ancora e siamo stati accolti da una luna meravigliosa che stava sorgendo sopra una delle montagne vulcaniche dell'isola. La sua luce illuminava tutta la baia, normalmente occupata da decine di barche e animata dai resort, mentre noi eravamo completamente soli. L'unica presenza umana era testimoniata da un leggero filo di fumo che saliva da un piccolo villaggio della costa. È stata veramente un'esperienza straordinaria". 

L'attenzione crescente verso la salute del pianeta che questa pandemia, si spera, possa indurre dell'umanità, era già presente in ogni pezzetto di Milanto. Significative le parole di Lorenzo su questo fronte: "Portiamo nel mondo il messaggio di un progetto sul risparmio energetico e più in generale sulla consapevolezza ecologica. Milanto è una barca che si muove con la sola forza del vento. Il nostro è un motore ausiliario che serve per caricare le batterie necessarie per il funzionamento degli strumenti di navigazione e per entrare in porto, mentre per le lunghe navigazioni utilizziamo soltanto la propulsione delle vele. Siamo piuttosto autonomi dal punto di vista energetico e riusciamo a produrre energia pulita, per esempio tramite un’idroelica che viene posta sulla poppa. Viviamo una consapevolezza ecologica nell’atto stesso di visitare, in modo rispettoso, dei luoghi che sono completamente immersi nella natura. Navigare attraverso un oceano vuol dire risparmiare su tutto: sull'acqua da bere, sull'acqua per lavare, sul cibo. Insomma, su tutto ciò a cui normalmente non facciamo caso nella vita quotidiana. Una navigazione come questa può davvero servire per sviluppare una maggiore consapevolezza ecologica. Ecco perché Milanto è testimonial del progetto 'M'illumino di meno' di Caterpillar, la nota trasmissione di Radio 2, con la quale ci mettiamo in contatto ogni settimana in diretta o con messaggi registrati".

Affacciati sull'oceano Atlantico e pronti per salpare di nuovo? In realtà ancora è ignoto il momento in cui sarà possibile riprendere il viaggio, tutto dipende dagli sviluppi della pandemia. Per adesso il tempo a disposizione viene impiegato con dei lavori di manutenzione, necessari per intraprendere questa ultima e lunga traversata. Il momento propizio potrebbe essere a fine gennaio: il nuovo anno porterà Milanto in Namibia, nell'isola di Sant'Elena, in cui Napoleone trovò la morte dopo un lungo esilio, nell’Isola dell’Ascensione e poi di nuovo nei Caraibi, dove tutto è iniziato.

Cosa augurarsi da questo 2021 che raccoglie il pesante testimone portato in eredità dal 2020? Lorenzo spera che il periodo storico che stiamo vivendo non passi invano e che serva a sviluppare una maggiore consapevolezza ecologica. "Quello che ho imparato navigando per mare - precisa Lorenzo - è che basta veramente poco per godere delle bellezze della natura. Il genere umano sta chiedendo troppo al nostro pianeta in termini di consumi. Eppure la Terra offre tantissimo. Certe volte basta saper guardare un'alba o un tramonto o godere della bellezza che la natura ci dà gratuitamente per vivere una vita piena e forse anche più felice di quella che viviamo attualmente. Ecco, io mi auguro che si possa sviluppare una maggiore consapevolezza dal punto di vista ambientale e che questo anno così difficile possa essere servito a progettare un futuro migliore".

Un auspicio che facciamo nostro, convinti che esperienze come quella vissuta da Lorenzo possano essere di insegnamento per la vita di ognuno di noi.

Le foto sono tratte dal blog https://www.milantoexpedition.com/it/blog/

Articolo originariamente pubblicato sulla testata PistoiaSette


mercoledì 4 dicembre 2024

Storie di Pistoia - Confetteria Corsini, un secolo di dolcezza

Intervista a Giorgia Baroni, imprenditrice e ambasciatrice culturale

PISTOIA, 27 febbraio 2020 - Un secolo di dolcezza: si potrebbe sintetizzare così la storia della Confetteria Corsini, storico negozio artigianale che contribuisce a rendere Piazza San Francesco uno dei luoghi del cuore dei pistoiesi.

A portare questa importante attività commerciale nel terzo millennio e in una modenità che ha sempre tenuto fermo il proprio legame con il passato, è stata ed è Giorgia Baroni, pronipote del fondatore, il cavalier Umberto Corsini.

Lo stesso negozio è immerso nella storia: il laboratorio dove si lavora il cioccolato targato Corsini si trova dentro le antiche mura della chiesa di Santa Maria Maddalena al Prato, demolita a fine ‘800.

Lasciamo la parola alla signora Giorgia, che da ottima padrona di casa ci conduce davanti alle macchine dove si produce il marchio di fabbrica dell’azienda di famiglia: i confetti a riccio o confetti birignoccoluti.

Giorgia Baroni

“L’attività ha avuto inizio nel 1918 con il mio bisnonno, il cavalier Umberto Corsini, che rilevò i primi macchinari per la lavorazione del cioccolato da degli industriali padovani, i signori De Giusti, sfollati a Pistoia nel periodo del primo conflitto mondiale, insieme a molti altri veneti che trovarono ospitalità nella nostra città. Nonno Umberto aveva accumulato una grande esperienza nell’importazione di prodotti coloniali come cacao, caffè e birra e inoltre aveva intuito in maniera arguta e intelligente  le potenzialità e la grande tradizione del territorio pistoiese, impiantando una piccola produzione proto-industriale della più antica specialità di Pistoia, i confetti birignoccoluti, che tuttora produciamo con le antiche bassine di rame e seguendo l’antica ricetta medievale.

Umberto, coadiuvato dal figlio Bruno, che aveva fatto un’esperienza formativa in Svizzera, osservò che i confetti a Pistoia erano prodotti nei retrobottega, con dei paioli rudimentali appesi al soffitto. Per questo sentì l’esigenza di trasformare una lavorazione frammentaria e non omogenea in un processo produttivo più a norma, grazie all’utilizzo di bassine di rame verticali mosse meccanicamente, secondo la tradizione francese. Ne nacquero dei confetti più buoni e più regolari, ai quali vennero abbinati da subito due o tre gusti, come cioccolato, arancia e fava di cacao. Il mio bisnonno coniugò l’esperienza del maestro confettiere con la lavorazione tradizionale della materia prima, del cioccolato. Tuttora confettiamo la fava di cacao, che che è un must per tutti i gourmands”.

La signora Baroni tiene a sottolineare la preziosità del confetto di Pistoia: non tutti sanno che si tratta del confetto più antico d’Italia, il cui nome è legato a una testimonianza storica scritta risalente al 1325.

Il cronista Guido Monaldi, nelle sue  Istorie pistolesi, racconta infatti di quando il traditore di Pistoia, Filippo Tedici, “volendo fare parentado con Castruccio (Castracani) fece dare uno confetto alla moglie, che teneva veleno, che, come l’ebbe mangiato, incontenente morìo e di subito la fece sotterrare, acciocché nessuno s’accorgesse del veleno”.


Superata l’origine 'macabra' del confetto pistoiese, che però ci aiuta a ricordare una parte della nostra storia, da Corsini questa delizia zuccherata viene prodotta con amore e cura. All'interno del paiolo viene inserito uno sciroppo formato da acqua e da zucchero 100% italiano e biologico: lo scarso residuo di umidità lo rende perfetto per la creazione dei confetti artigianali, privi di farina e amido. Il liquido, girando piano piano, comincia a rivestire un'anima centrale che può essere la bacca di cacao, la mandorla, l'arancio, il finocchietto o il coriandolo. Alla fine di questo primo procedimento si avrà un confetto liscio. Poi, da una specie di imbuto o alambicco viene fatto colare nuovamente lo sciroppo sui confetti, sui quali viene a crearsi quella increspatura che li rende così unici e particolari.

Se il “core business” dell’azienda sono i confetti, non mancano altre delizie di cui la signora Baroni va orgogliosa: dalle golosità a base di cioccolato come cioccolatini, tavolette, praline, dragèes a un altro prodotto che si può trovare solo qui, ossia il panforte di Pistoia o panforte glacé.

“Si tratta di prodotto esclusivo, del quale andiamo molto fieri e per il quale siamo stati insigniti nel 2017 del Gran Premio della Cucina Italiana. All’esterno è ricoperto da cioccolato fondente, all’interno è un trionfo di cedro, arancia, ciliegia, mandorle di Avola. La farcitura che tiene insieme questa delizia è una creazione a cui il nonno Bruno arrivò a causa dell’autarchia, quando non si potevano importare materie prime dall’estero. Creò un cioccolato ‘patriottico’, che chiamò ‘Pasta Italia’ e lo fece sfruttando non più il burro di cacao, ma la materia grassa che proveniva dalla spremitura e dalla miscelatura  della nocciola piemontese e della mandorla pugliese o siciliana. Era l’espressione delle grandi eccellenze dell’agroalimentare italiano, dal nord al sud della penisola”.

Il 7 dicembre 2019 la signora Baroni è stata insignita del titolo di Cavaliere dell' Ordine al Merito della Repubblica. Quando glielo ricordo, lei non parla solo di se stessa ma anche della squadra che è al suo fianco ogni giorno: “Ne sono rimasta estremamente sorpresa oltre che orgogliosa, è stato un titolo che mi sono presa molto volentieri. Noi siamo una piccola azienda familiare, solo rigorosamente al femminile: ci tengo a sottolinearlo, ne sono fiera anche per questo. Abbiamo macchine che non sono semplicissime da maneggiare: per attivarle ci vuole una certa forza, senza dimenticare l’impegno costante di seguire la manutenzione ordinaria. Sono veramente molto contenta di questo spirito femminile, che è presente non solo nelle creazioni che realizziamo e nei nostri prodotti finiti, ma anche nelle composizioni che facciamo per le feste e le varie cerimonie. Noi discutiamo ogni giorno e abbiamo opinioni diverse, ma è dalla dialettica nascono le cose migliori”.

Con il loro lavoro Giorgia Baroni e il suo staff comunicano anche messaggi importanti: “Noi cerchiamo sempre di fare cose dal prezzo contenuto, ma di altà qualità e anche di buon gusto, per venire incontro alle esigenze di tutti. Per esempio, in occasione della festa di San Valentino, un bambino delle elementari ha regalato un vassoio di cioccolatini ai suoi compagni di classe. Rappresentiamo l’amore in tutte le sue forme: i cuori sono piccoli o grandi, di cioccolato bianco, fondente o al latte, La molteplicità di aspetti esteriori ricorda molto il linguaggio dei fiori. E inoltre si tratta di un linguaggio universale e trasversale: uomo-donna, uomo-uomo, donna-donna, babbo/mamma/nonno – figlio/nipote. Noi abbiamo una macchina che stampa i nastri, con la quale possiamo personalizzare il prodotto per ogni occasione: apparirà una frase o il nome del festeggiato. Anche la scatola di cioccolatini più ‘standard’, che da noi standard poi non è mai, è sempre diversa a seconda di chi la acquista. Ne facciamo trovare pronta una per far vedere come viene fuori e poi la creiamo secondo le desiderata del cliente: oltre al tipo di cioccolato, si può scegliere se mettere o no il liquore, oppure se aggiungere o meno la frutta”.

A fronte di un lavoro così attento e vicino alle emozioni e ai sentimenti delle persone, non manca il costante apprezzamento da parte di chi conosce e frequenta la Confetteria Corsini: “Le persone ci incoraggiano e ci dicono spesso di continuare così. Per noi questo è benzina, è carburante. Ci troviamo in un momento storico che non è dei più belli, ma in cui rimane la voglia di andare alla ricerca di un qualcosa che serva a distinguersi dagli altri. Rispetto a negozi dove si vendono le stesse cose e gli stessi marchi, noi, nel bene o nel male - perché possiamo anche non piacere - cerchiamo di essere diversi. I nostri clienti ce lo riconoscono e apprezzano anche il nostro modo di accoglierli: all’ingresso il vassoio è sempre all’assaggio, accompagnato da un sorriso. In questo siamo molto fortunati: in un negozio come il nostro si viene sempre e solo per cose belle, si viene per  festeggiare qualcosa, per ringraziare o salutare qualcuno. Non si può che essere contenti di quello che si fa”.


Giorgia Baroni non è solo la titolare di uno storico esercizio commerciale, ma si è anche dimostrata ambasciatrice di cultura e difensore del patrimonio artistico pistoiese: “Nel 2016 ho chiesto a Claudio Gori, eccellente guida turistica e cultore di storia pistoiese, di fare una conferenza qui da noi sulla storia di Piazza San Francesco, dall’inizio fino ad oggi. Per quella serata mi mobilitai e mi feci prestare le sedie dai padri francescani. Ne venne fuori un incontro molto bello, che ci ha riportato indietro nel tempo, quando ancora la Piazza era un enorme prato, come testimoniato da un quadro esposto nel nostro Museo Civico, di cui ho una copia anche in negozio. Qualche decennio fa la piazza era più bella e ordinata ed è inevitabile provare nostalgia per quel periodo, ma devo ammettere che ci sono stati periodi molto peggiori di quello attuale. Io mi ricordo di quando la piazza stette isolata molto a lungo per dei lavori che non ritenni opportuni, che la privarono di aiuole e alberi. Ora noto una maggiore attenzione, l’installazione temporanea della ruota panoramica e della pista di pattinaggio ha creato un’occupazione allegra da parte di famiglie, bambini e ragazzi. La loro presenza è un presidio, fa in modo che la piazza non sia più lasciata a se stessa e che si ripopoli, grazie anche ad altre attività qui nei dintorni che sono aperte ed operative, come il Bar Ducale e il ristorante a pochi metri da noi. Noi siamo stati da soli per anni, ma abbiamo lottato tanto e abbiamo anche fatto la nostra parte a favore del Parterre, quando abbiamo raccolto le firme del FAI per farne un monumento da salvare. Pare che il 2020 sarà l’anno buono per eseguire i lavori più urgenti, per permettere che quegli spazi meravigliosi vengano recuperati”.

Ci associamo all’auspicio di un rinnovamento della Piazza, fiduciosi che solo valorizzando il nostro passato, come ha fatto la signora Baroni, possiamo costruire un meraviglioso futuro. 

Articolo originariamente pubblicato sulla testata PistoiaSette