lunedì 30 dicembre 2024

Storie di Pistoia - Lorenzo Cipriani e la Milanto Expedition sui mari del Sud

Intervista a Lorenzo Cipriani, storico dell'arte e velista. Il 2020 gli ha donato un sogno

PISTOIA, 31 dicembre 2020 

Sta per finire un anno difficilissimo, che oltre ad aver portato lutti e disperazione in moltissime famiglie, ha messo in stand-by la vita delle persone, creando enormi punti interrogativi sul futuro, a livello economico e lavorativo.

Il 2020 verrà ricordato come l’anno del lockdown, dell’isolamento tra le mura di casa e delle videochiamate. I viaggi un argomento da archiviare temporaneamente nell’album dei ricordi.

 

C’è però un pistoiese che sta esplorando il mondo e lo sta facendo a bordo di una barca a vela, come comandante in seconda. Si chiama Lorenzo Cipriani, storico dell’arte ed esperto nella gestione di eventi culturali. Lorenzo, è il caso di dirlo, è anche figlio d’arte, in quanto il padre, Alberto, è uno degli storici più conosciuti di Pistoia ed è attualmente vicepresidente della Società Pistoiese di Storia Patria e direttore responsabile del Bullettino storico pistoiese. 

Anche Lorenzo, con questa sua impresa, condotta a quattro mani con lo skipper pratese Valerio Bardi a bordo della Milanto 46, si prepara a scrivere un pezzo importante della storia di Pistoia, dato che d’ora in avanti verrà ricordato come il Vasco da Gama nostrale.

Non sono molti coloro che possono affermare di aver ripetuto le imprese del grande navigatore portoghese, uno dei primi, insieme a Bartolomeo Diaz, alla fine del 1500, a riuscire a doppiare il temuto Capo di Buona Speranza, all’estrema punta del Sudafrica. Lorenzo è uno di questi e ce lo racconta lui stesso:

“Da dove ci troviamo attualmente, a Città del Capo, l’emozione di essere passati dal Capo di Buona Speranza è ancora forte. Per noi è stato un passaggio fondamentale, dato che, insieme a Capo Horn, rappresenta il sogno di ogni velista. All'inizio, su iniziativa dei navigatori portoghesi, venne chiamato Cabo Tormentoso, in riferimento alla sua pericolosità e alla presenza della corrente di Agulhas, che scontrandosi con venti contrari alla sua direzione crea delle onde alte anche 20 metri, capaci di spaccare in due petroliere e navi cargo.

Il nome attuale del Capo di Buona Speranza fu scelto per augurare con un moto di ottimismo un buon passaggio ai navigatori. Noi abbiamo aspettato le ‘finestre’ giuste per attraversarlo”.

Il viaggio di Lorenzo e Valerio è partito l’11 gennaio scorso da Santa Lucia, nelle piccole Antille. Attraversato il Mar dei Caraibi e il canale di Panama, è poi iniziata la navigazione nell'Oceano Pacifico, toccando le Isole Galapagos, la Polinesia Francese e le Isole Fiji.

 


Dallo Stretto di Torres, che separa la Papua Nuova Guinea dall’Australia, sono entrati nell'Oceano Indiano, con una tappa in Indonesia, per poi arrivare nell’Isola della Réunion, ultimo avamposto prima del continente africano.

L’intero viaggio, della durata di 15 mesi, per un totale di 26.000 miglia nautiche, si inserisce nella World Arc 2020, una flotta di circa 40 imbarcazioni destinata a circumnavigare il mondo.

Durante le 13 tratte della Milanto Expedition - così si chiama l’avventura di Valerio e Lorenzo - l’esperienza viene condivisa con dei compagni di viaggio, che pagano una quota di partecipazione, permettendo così ai due skipper di autofinanziarsi.

Milanto - Swan MK II è una barca progettata dal velista e architetto navale argentino Germàn Frers nel 1994 per Nautor Swan: lunga 46 piedi (quasi 15 metri), è una barca vecchio stile, concepita per fare lunghe traversate oceaniche. Un tempo, barche di questo tipo erano chiamate 'all-round', dovevano infatti navigare alla stessa velocità a tutte le andature: di poppa, di traverso e di bolina.

E’ una barca che sa reggere bene il mare e molto robusta, ci riferisce orgoglioso Lorenzo. Del resto ha un carattere toscano, non solo perché è condotta da due toscani doc, ma anche perché la Nautor Swan è stata recentemente acquistata dal gruppo Ferragamo, la prestigiosa casa di moda con sede a Firenze.
Anche un viaggio in barca a vela intorno al mondo non poteva non essere influenzato dalla pandemia. Una volta approdati alle Isole Marchesi, dopo tre settimane di navigazione, Valerio e Lorenzo sono stati respinti dalle autorità locali e sono stati costretti a stare alla fonda, in quarantena, per due settimane, nella baia antistante l’isola di Hiva Oa, celebre per essere il luogo dove vissero il pittore impressionista Paul Gauguin e il cantante belga Jacques Brel.


Una volta ripreso il viaggio e approdati a Tahiti, è iniziato un lockdown di circa un mese, vissuto a contatto con la natura incontaminata della Polinesia francese.

Le giornate si dividevano tra le nuotate nella laguna, esplorando il reef, le corse sulle colline dell'isola e la spesa, sempre autorizzata tramite un certificato.

La pandemia ha reso più impegnativa la navigazione, con tratte più lunghe e complesse e dunque più pericolose. Come quando Milanto ha percorso un tratto senza tappe intermedie di 4000 miglia e per quasi un mese non è potuta sbarcare in un porto di appoggio. Nessuna delle isole tra le Fiji e l’Indonesia era aperta, sia le Vanuatu, che la Papua Nuova Guinea, che l’intera Australia.

Queste difficoltà tuttavia, hanno dato luogo ad emozioni fortissime, come quelle provate di fronte alle Isole della Società o alle Isole Tuamotu: luoghi totalmente privi di turismo e senza aerei in cielo né navi per mare, come doveva averli visti James Cook nel 1700 durante il suo primo viaggio di esplorazione.

"Ricorderò sempre - racconta Lorenzo - la notte in cui siamo arrivati a Bora Bora. Nella baia più grande abbiamo dato fondo all'ancora e siamo stati accolti da una luna meravigliosa che stava sorgendo sopra una delle montagne vulcaniche dell'isola. La sua luce illuminava tutta la baia, normalmente occupata da decine di barche e animata dai resort, mentre noi eravamo completamente soli. L'unica presenza umana era testimoniata da un leggero filo di fumo che saliva da un piccolo villaggio della costa. È stata veramente un'esperienza straordinaria". 

L'attenzione crescente verso la salute del pianeta che questa pandemia, si spera, possa indurre dell'umanità, era già presente in ogni pezzetto di Milanto. Significative le parole di Lorenzo su questo fronte: "Portiamo nel mondo il messaggio di un progetto sul risparmio energetico e più in generale sulla consapevolezza ecologica. Milanto è una barca che si muove con la sola forza del vento. Il nostro è un motore ausiliario che serve per caricare le batterie necessarie per il funzionamento degli strumenti di navigazione e per entrare in porto, mentre per le lunghe navigazioni utilizziamo soltanto la propulsione delle vele. Siamo piuttosto autonomi dal punto di vista energetico e riusciamo a produrre energia pulita, per esempio tramite un’idroelica che viene posta sulla poppa. Viviamo una consapevolezza ecologica nell’atto stesso di visitare, in modo rispettoso, dei luoghi che sono completamente immersi nella natura. Navigare attraverso un oceano vuol dire risparmiare su tutto: sull'acqua da bere, sull'acqua per lavare, sul cibo. Insomma, su tutto ciò a cui normalmente non facciamo caso nella vita quotidiana. Una navigazione come questa può davvero servire per sviluppare una maggiore consapevolezza ecologica. Ecco perché Milanto è testimonial del progetto 'M'illumino di meno' di Caterpillar, la nota trasmissione di Radio 2, con la quale ci mettiamo in contatto ogni settimana in diretta o con messaggi registrati".

Affacciati sull'oceano Atlantico e pronti per salpare di nuovo? In realtà ancora è ignoto il momento in cui sarà possibile riprendere il viaggio, tutto dipende dagli sviluppi della pandemia. Per adesso il tempo a disposizione viene impiegato con dei lavori di manutenzione, necessari per intraprendere questa ultima e lunga traversata. Il momento propizio potrebbe essere a fine gennaio: il nuovo anno porterà Milanto in Namibia, nell'isola di Sant'Elena, in cui Napoleone trovò la morte dopo un lungo esilio, nell’Isola dell’Ascensione e poi di nuovo nei Caraibi, dove tutto è iniziato.

Cosa augurarsi da questo 2021 che raccoglie il pesante testimone portato in eredità dal 2020? Lorenzo spera che il periodo storico che stiamo vivendo non passi invano e che serva a sviluppare una maggiore consapevolezza ecologica. "Quello che ho imparato navigando per mare - precisa Lorenzo - è che basta veramente poco per godere delle bellezze della natura. Il genere umano sta chiedendo troppo al nostro pianeta in termini di consumi. Eppure la Terra offre tantissimo. Certe volte basta saper guardare un'alba o un tramonto o godere della bellezza che la natura ci dà gratuitamente per vivere una vita piena e forse anche più felice di quella che viviamo attualmente. Ecco, io mi auguro che si possa sviluppare una maggiore consapevolezza dal punto di vista ambientale e che questo anno così difficile possa essere servito a progettare un futuro migliore".

Un auspicio che facciamo nostro, convinti che esperienze come quella vissuta da Lorenzo possano essere di insegnamento per la vita di ognuno di noi.

Le foto sono tratte dal blog https://www.milantoexpedition.com/it/blog/

Articolo originariamente pubblicato sulla testata PistoiaSette


mercoledì 4 dicembre 2024

Storie di Pistoia - Confetteria Corsini, un secolo di dolcezza

Intervista a Giorgia Baroni, imprenditrice e ambasciatrice culturale

PISTOIA, 27 febbraio 2020 - Un secolo di dolcezza: si potrebbe sintetizzare così la storia della Confetteria Corsini, storico negozio artigianale che contribuisce a rendere Piazza San Francesco uno dei luoghi del cuore dei pistoiesi.

A portare questa importante attività commerciale nel terzo millennio e in una modenità che ha sempre tenuto fermo il proprio legame con il passato, è stata ed è Giorgia Baroni, pronipote del fondatore, il cavalier Umberto Corsini.

Lo stesso negozio è immerso nella storia: il laboratorio dove si lavora il cioccolato targato Corsini si trova dentro le antiche mura della chiesa di Santa Maria Maddalena al Prato, demolita a fine ‘800.

Lasciamo la parola alla signora Giorgia, che da ottima padrona di casa ci conduce davanti alle macchine dove si produce il marchio di fabbrica dell’azienda di famiglia: i confetti a riccio o confetti birignoccoluti.

Giorgia Baroni

“L’attività ha avuto inizio nel 1918 con il mio bisnonno, il cavalier Umberto Corsini, che rilevò i primi macchinari per la lavorazione del cioccolato da degli industriali padovani, i signori De Giusti, sfollati a Pistoia nel periodo del primo conflitto mondiale, insieme a molti altri veneti che trovarono ospitalità nella nostra città. Nonno Umberto aveva accumulato una grande esperienza nell’importazione di prodotti coloniali come cacao, caffè e birra e inoltre aveva intuito in maniera arguta e intelligente  le potenzialità e la grande tradizione del territorio pistoiese, impiantando una piccola produzione proto-industriale della più antica specialità di Pistoia, i confetti birignoccoluti, che tuttora produciamo con le antiche bassine di rame e seguendo l’antica ricetta medievale.

Umberto, coadiuvato dal figlio Bruno, che aveva fatto un’esperienza formativa in Svizzera, osservò che i confetti a Pistoia erano prodotti nei retrobottega, con dei paioli rudimentali appesi al soffitto. Per questo sentì l’esigenza di trasformare una lavorazione frammentaria e non omogenea in un processo produttivo più a norma, grazie all’utilizzo di bassine di rame verticali mosse meccanicamente, secondo la tradizione francese. Ne nacquero dei confetti più buoni e più regolari, ai quali vennero abbinati da subito due o tre gusti, come cioccolato, arancia e fava di cacao. Il mio bisnonno coniugò l’esperienza del maestro confettiere con la lavorazione tradizionale della materia prima, del cioccolato. Tuttora confettiamo la fava di cacao, che che è un must per tutti i gourmands”.

La signora Baroni tiene a sottolineare la preziosità del confetto di Pistoia: non tutti sanno che si tratta del confetto più antico d’Italia, il cui nome è legato a una testimonianza storica scritta risalente al 1325.

Il cronista Guido Monaldi, nelle sue  Istorie pistolesi, racconta infatti di quando il traditore di Pistoia, Filippo Tedici, “volendo fare parentado con Castruccio (Castracani) fece dare uno confetto alla moglie, che teneva veleno, che, come l’ebbe mangiato, incontenente morìo e di subito la fece sotterrare, acciocché nessuno s’accorgesse del veleno”.


Superata l’origine 'macabra' del confetto pistoiese, che però ci aiuta a ricordare una parte della nostra storia, da Corsini questa delizia zuccherata viene prodotta con amore e cura. All'interno del paiolo viene inserito uno sciroppo formato da acqua e da zucchero 100% italiano e biologico: lo scarso residuo di umidità lo rende perfetto per la creazione dei confetti artigianali, privi di farina e amido. Il liquido, girando piano piano, comincia a rivestire un'anima centrale che può essere la bacca di cacao, la mandorla, l'arancio, il finocchietto o il coriandolo. Alla fine di questo primo procedimento si avrà un confetto liscio. Poi, da una specie di imbuto o alambicco viene fatto colare nuovamente lo sciroppo sui confetti, sui quali viene a crearsi quella increspatura che li rende così unici e particolari.

Se il “core business” dell’azienda sono i confetti, non mancano altre delizie di cui la signora Baroni va orgogliosa: dalle golosità a base di cioccolato come cioccolatini, tavolette, praline, dragèes a un altro prodotto che si può trovare solo qui, ossia il panforte di Pistoia o panforte glacé.

“Si tratta di prodotto esclusivo, del quale andiamo molto fieri e per il quale siamo stati insigniti nel 2017 del Gran Premio della Cucina Italiana. All’esterno è ricoperto da cioccolato fondente, all’interno è un trionfo di cedro, arancia, ciliegia, mandorle di Avola. La farcitura che tiene insieme questa delizia è una creazione a cui il nonno Bruno arrivò a causa dell’autarchia, quando non si potevano importare materie prime dall’estero. Creò un cioccolato ‘patriottico’, che chiamò ‘Pasta Italia’ e lo fece sfruttando non più il burro di cacao, ma la materia grassa che proveniva dalla spremitura e dalla miscelatura  della nocciola piemontese e della mandorla pugliese o siciliana. Era l’espressione delle grandi eccellenze dell’agroalimentare italiano, dal nord al sud della penisola”.

Il 7 dicembre 2019 la signora Baroni è stata insignita del titolo di Cavaliere dell' Ordine al Merito della Repubblica. Quando glielo ricordo, lei non parla solo di se stessa ma anche della squadra che è al suo fianco ogni giorno: “Ne sono rimasta estremamente sorpresa oltre che orgogliosa, è stato un titolo che mi sono presa molto volentieri. Noi siamo una piccola azienda familiare, solo rigorosamente al femminile: ci tengo a sottolinearlo, ne sono fiera anche per questo. Abbiamo macchine che non sono semplicissime da maneggiare: per attivarle ci vuole una certa forza, senza dimenticare l’impegno costante di seguire la manutenzione ordinaria. Sono veramente molto contenta di questo spirito femminile, che è presente non solo nelle creazioni che realizziamo e nei nostri prodotti finiti, ma anche nelle composizioni che facciamo per le feste e le varie cerimonie. Noi discutiamo ogni giorno e abbiamo opinioni diverse, ma è dalla dialettica nascono le cose migliori”.

Con il loro lavoro Giorgia Baroni e il suo staff comunicano anche messaggi importanti: “Noi cerchiamo sempre di fare cose dal prezzo contenuto, ma di altà qualità e anche di buon gusto, per venire incontro alle esigenze di tutti. Per esempio, in occasione della festa di San Valentino, un bambino delle elementari ha regalato un vassoio di cioccolatini ai suoi compagni di classe. Rappresentiamo l’amore in tutte le sue forme: i cuori sono piccoli o grandi, di cioccolato bianco, fondente o al latte, La molteplicità di aspetti esteriori ricorda molto il linguaggio dei fiori. E inoltre si tratta di un linguaggio universale e trasversale: uomo-donna, uomo-uomo, donna-donna, babbo/mamma/nonno – figlio/nipote. Noi abbiamo una macchina che stampa i nastri, con la quale possiamo personalizzare il prodotto per ogni occasione: apparirà una frase o il nome del festeggiato. Anche la scatola di cioccolatini più ‘standard’, che da noi standard poi non è mai, è sempre diversa a seconda di chi la acquista. Ne facciamo trovare pronta una per far vedere come viene fuori e poi la creiamo secondo le desiderata del cliente: oltre al tipo di cioccolato, si può scegliere se mettere o no il liquore, oppure se aggiungere o meno la frutta”.

A fronte di un lavoro così attento e vicino alle emozioni e ai sentimenti delle persone, non manca il costante apprezzamento da parte di chi conosce e frequenta la Confetteria Corsini: “Le persone ci incoraggiano e ci dicono spesso di continuare così. Per noi questo è benzina, è carburante. Ci troviamo in un momento storico che non è dei più belli, ma in cui rimane la voglia di andare alla ricerca di un qualcosa che serva a distinguersi dagli altri. Rispetto a negozi dove si vendono le stesse cose e gli stessi marchi, noi, nel bene o nel male - perché possiamo anche non piacere - cerchiamo di essere diversi. I nostri clienti ce lo riconoscono e apprezzano anche il nostro modo di accoglierli: all’ingresso il vassoio è sempre all’assaggio, accompagnato da un sorriso. In questo siamo molto fortunati: in un negozio come il nostro si viene sempre e solo per cose belle, si viene per  festeggiare qualcosa, per ringraziare o salutare qualcuno. Non si può che essere contenti di quello che si fa”.


Giorgia Baroni non è solo la titolare di uno storico esercizio commerciale, ma si è anche dimostrata ambasciatrice di cultura e difensore del patrimonio artistico pistoiese: “Nel 2016 ho chiesto a Claudio Gori, eccellente guida turistica e cultore di storia pistoiese, di fare una conferenza qui da noi sulla storia di Piazza San Francesco, dall’inizio fino ad oggi. Per quella serata mi mobilitai e mi feci prestare le sedie dai padri francescani. Ne venne fuori un incontro molto bello, che ci ha riportato indietro nel tempo, quando ancora la Piazza era un enorme prato, come testimoniato da un quadro esposto nel nostro Museo Civico, di cui ho una copia anche in negozio. Qualche decennio fa la piazza era più bella e ordinata ed è inevitabile provare nostalgia per quel periodo, ma devo ammettere che ci sono stati periodi molto peggiori di quello attuale. Io mi ricordo di quando la piazza stette isolata molto a lungo per dei lavori che non ritenni opportuni, che la privarono di aiuole e alberi. Ora noto una maggiore attenzione, l’installazione temporanea della ruota panoramica e della pista di pattinaggio ha creato un’occupazione allegra da parte di famiglie, bambini e ragazzi. La loro presenza è un presidio, fa in modo che la piazza non sia più lasciata a se stessa e che si ripopoli, grazie anche ad altre attività qui nei dintorni che sono aperte ed operative, come il Bar Ducale e il ristorante a pochi metri da noi. Noi siamo stati da soli per anni, ma abbiamo lottato tanto e abbiamo anche fatto la nostra parte a favore del Parterre, quando abbiamo raccolto le firme del FAI per farne un monumento da salvare. Pare che il 2020 sarà l’anno buono per eseguire i lavori più urgenti, per permettere che quegli spazi meravigliosi vengano recuperati”.

Ci associamo all’auspicio di un rinnovamento della Piazza, fiduciosi che solo valorizzando il nostro passato, come ha fatto la signora Baroni, possiamo costruire un meraviglioso futuro. 

Articolo originariamente pubblicato sulla testata PistoiaSette


lunedì 25 novembre 2024

Storie di Pistoia - Il Maestro Luigi Tronci e le campane di Tosca alla Scala di Milano

Ha inizio da oggi una rassegna di articoli dedicati alla città di Pistoia, pubblicati dal 2012 al 2024 sul quotidiano online PistoiaSette, sul quotidiano online La Voce di Pistoia e sulla rivista Toscana Economy

Intervista al Maestro Luigi Tronci, l'artigiano che ha portato il nome di Pistoia nel mondo

PISTOIA, 26 gennaio 2020 - Tra i tanti tesori nascosti che Pistoia custodisce tra le sue mura c’è la Fondazione Tronci, una importante istituzione culturale che con la sua ricchissima collezione di strumenti musicali a percussione (circa 870) racchiude oltre 150 anni di storia della musica italiana, permettendo al visitatore di fare un viaggio nell’artigianato pistoiese ed anche nella storia dei popoli del mondo.


La Fondazione nasce nel 2008 per volere del Presidente Luigi Tronci, erede di una famiglia che a partire dalla metà del 1700 ha dato vita alla scuola organaria pistoiese: i Tronci, insieme agli Agati, rappresentano l’eccellenza nella manifattura degli organi e si sono imposti in Italia, in Europa e nelle Americhe.

In seguito i Tronci hanno avviato la produzione di strumenti come campane, gong e tam tam, usati dai più grandi compositori di opere classiche, da Puccini a Mascagni, da Verdi a Rossini.

Oggi, la produzione artigianale continua con la UFIP, l’Unione Fabbricanti Italiani Piatti, riconosciuta a livello internazionale per i suoi piatti musicali, scelti e apprezzati dai migliori batteristi della scena mondiale.

Ed è proprio nel suo studio al primo piano della UFIP, in via Galilei, che abbiamo incontrato il Maestro Tronci.

Con lui abbiamo ricordato la recente esposizione mediatica, che lo ha visto in diretta nazionale su Rai 1 lo scorso 7 dicembre, per la prima di Tosca al Teatro alla Scala di Milano. Le campane delle chiese di Roma che suonano il mattutino all’inizio del terzo atto dell’opera e in particolare la campana che, secondo le intenzioni di Giacomo Puccini, doveva riprodurre il rintocco del campanone della basilica di San Pietro, sono tutti strumenti che vengono dalla Fondazione Tronci e che sono stati scelti dal Teatro alla Scala per la prestigiosa edizione del 2019, diretta da Riccardo Chailly.

“Sono circa 50 anni che lavoriamo con la Scala e con tutti i più importanti teatri italiani - premette il Maestro - anche se in passato c’era un rapporto più continuativo. Questa edizione di Tosca voleva mettere insieme le strutture necessarie per fare una riproduzione con gli strumenti originali usati da Giacomo Puccini”.

I contatti recenti tra la Scala e la Fondazione Tronci sono in relazione con il destino della Casa Ricordi, che Luigi Tronci descrive così: “Sempre a Milano, eravamo in relazione con la Casa Ricordi, che nei suoi 200 anni di vita è stata l’editore dei grandi operisti italiani. Da loro ricevevamo gli strumentari che venivano dati a noleggio in tutto il mondo insieme alle partiture dell’orchestra, ossia gli strumenti più atipici: le campane da pranzo, la fonica della Fanciulla del West di Puccini, i tam tam campana del famoso mi basso di Tosca, le campane di Suor Angelica. Un panorama che ho tutto qui in Fondazione. Dalla Casa Ricordi, tramite il Prof. Ostinelli, mi fu proposto di visionare il loro archivio per salvare degli strumenti costruiti dai Tronci per i grandi compositori. Nel caveau di via Salomone a Milano trovai anche la corrispondenza dei miei antenati con il maestro Puccini, che avevo chiesto di riavere per migliorare il mio archivio. Alla Scala hanno attrezzature di palco che fanno fronte a qualsiasi manifestazione, ma per le campane di Tosca non erano in grado di farlo: con i vari passaggi societari subiti dalla Ricordi non potevano prendere quello che gli serviva - nel frattempo l’archivio era stato trasferito nel Palazzo di Brera - e che era stato progettato molto tempo prima. Tre funzionari della Scala, tra cui il Prof. Arfacchia dell’archivio musicale, sono quindi passati dalla Fondazione, senza avvisare: abbiamo fatto un primo incontro di una giornata intera, a cui si riferisce il servizio visto in televisione, poi dopo qualche giorno sono tornati con un trasportatore ufficiale e hanno prese a noleggio le campane. Si tratta di materiale costruito ai primi del ‘900, che erano ansiosi di prendere, proprio per onorare e tenere su l’immagine dell’Italia, come si addice al maggiore teatro italiano”.

Tronci e la sua famiglia hanno sempre avuto un filo diretto con Giacomo Puccini: “Nei suoi scritti e nelle sue partiture si legge che ha fatto fare da noi tre tipi di strumenti che riguardano la Tosca, che riproducessero quel momento particolare del mi basso in seconda ottava del pianoforte, difficilmente raggiungibile con gli strumenti a percussione. Il tam campana, un tipo di gong con il bordo rovesciato, è quello più vicino al pensiero del maestro: voleva che la nota fosse un mi grave e che assomigliasse al rintocco di un campanone, di una chiesa molto importante, come quella di San Pietro. Per riprodurla si immaginava un suono lugubre profondo, potente, che desse un coinvolgimento”.

Come si vede, c’è un profondo interesse filologico per le indicazioni che Puccini lasciò nei suoi scritti: “Nella compagine orchestrale le campane tubolari sono macchine alte tre metri e larghe 10 cm di diametro che hanno bisogno di un’impalcatura, di un battente e di un percussionista. Vanno smorzate con le mani per poi stopparle dopo un minimo di risonanza oppure usando uno smorzatore a pedali. Nei suoi scritti indicò in quale parte della scena dovevano essere collocate, lui stesso fece delle prove e si servì anche del parere di maestri campanari, come quello del paesino versiliese di Bargecchia”.

E se ancora viene contattato da direttori d’orchestra come Riccardo Muti, che tre anni fa gli chiedeva “dei campanelli di bronzo per riprodurre le alabarde turche delle opere di Rossini”, Tronci si abbandona ad un’amara riflessione: “Tanti strumenti sono stati abbandonati, l’artigianato è quasi scomparso: è diventato difficile reperire il nocciolo sonoro e musicale degli strumenti. A Pistoia, come da documento del 1946 firmato dal presidente della Camera di Commercio, c’erano 24 fonderie, oggi invece per fondere oggetti diversi dai piatti musicali, bisogna andare fuori città”.

“Inoltre, sta prendendo piede – denuncia il Maestro – il ricorso ai suoni campionati, una pratica terribile a cui i direttori d’orchestra si affidano quando hanno problemi a reperire gli strumenti. Questo è successo al Festival Pucciniano e mi ha portato ad avere delle forti discussioni. E’ inaccettabile togliere i maestri degli emicicli orchestrali e farli suonare azionando un tasto. Infatti il rischio di fare fiasco è alto perché ci vogliono degli impianti sofisticati di riproduzione. Penso che cercare di ricostruire gli strumenti che mancano sarebbe un atto dovuto, in onore al compositore dell’opera”.

Il legame della famiglia Tronci con l’arte e l’artigianato pistoiese deriva anche da una parentela illustre: Luigi, per parte di madre, è nipote dell’architetto Giovanni Michelucci, la cui famiglia gestiva la storica fonderia per la lavorazione artistica del bronzo, che fino a pochi anni fa si trovava in Via dell’Anguillara. Proprio qui nacque la monumentale scultura (“Resurrezione” dell’artista Pericle Fazzini), posta al centro della Sala delle Udienze papali in Vaticano, più conosciuta come Sala Nervi. Di Michelucci, viene ricordata l’affinità con Puccini: pur in campi totalmente diversi, pensavano al sociale, ai materiali, al contatto diretto con gli artigiani. E’ da questo che sono nate opere artistiche di grande coinvolgimento.

Luigi Tronci ha portato fino al XXI secolo quella passione per l’artigianato che è stata la cifra della sua famiglia e gli ha dato stabili radici con l’attività della UFIP, nata nel 1931 come consorzio tra cinque aziende produttrici di strumenti musicali e diventata una srl nel 1968. Tra queste aziende c’era la Leopoldo Rosati di Sesto Fiorentino, alla quale si deve la fusione delle campane della Cattedrale di Pistoia.

In una città che dovrebbe vivere di musica ad ogni livello, dove a luglio, ricorda il maestro, c’è stata una stagione operistica fiorentissima, si fa sempre meno per la cultura e il patrimonio artistico. “Dopo tanti incontri con le amministrazioni che si sono succedute, sono un po' abbattuto. C’è stata molta attenzione durante il 2017, l’anno in cui Pistoia è stata Capitale della Cultura, mentre dopo è tutto caduto nel dimenticatoio”.

Per spiegare meglio questo suo pensiero, Tronci richiama le parole del Granduca Pietro Leopoldo di Toscana: nelle sue “Storie del periodo risorgimentale della Toscana”, espresse profondo rammarico per come i vari governanti che avevano amministrato il territorio pistoiese e montano prima di lui non avessero mai reso onore alle potenzialità dei loro cittadini e dei loro paesani. Il riferimento al Granduca non è casuale, perché proprio questo illuminato sovrano nel 1785 istituì a Pistoia e in altre città del Granducato dei centri pilota, dove le ragazze e i ragazzi privi di famiglia che vi erano ospitati potessero ricevere un’educazione ed imparare un mestiere, con in mano una prospettiva diversa da quella di rimanere nel chiuso di un convitto religioso per tutta la vita. La Fondazione Conservatorio San Giovanni Battista di Corso Gramsci, nei cui spazi ha sede anche la Fondazione Tronci, è uno di questi centri ed è uno dei frutti dell’avanzato pensiero riformista del Granduca in campo sociale.

Luigi Tronci ci fa capire che anche oggi servirebbero amministratori illuminati, ma tanti cambiamenti in positivo sono frenati da quello che lui chiama ‘provincialismo’ e dalla presenza di una moltitudine di associazioni culturali che fanno tutto per conto loro, senza legare l’una con l’altra.

Uno spiraglio nelle opportunità di promozione del patrimonio della Fondazione Tronci si è aperto grazie al supporto delle aziende vivaistiche, come Vannucci Piante e Giorgio Tesi Group. In particolare, tramite un depliant denominato “Una via per tre musei: Casa Sicura, Fondazione Tronci e Museo Marini”, stampato proprio dall’azienda di Badia a Pacciana, si voleva invitare le istituzioni a inserire anche la Fondazione Tronci nel circuito del turismo.

Come abbiamo compreso, tuttavia, si tratta di azioni isolate e non inserite in un piano strutturale di promozione, che spetterebbe alle amministrazioni pubbliche.

Il nome del depliant, inoltre, non può non farci pensare alle brutte vicende che sta vivendo il Museo Marino Marini, con il quale Luigi Tronci ha avuto degli interessanti rapporti di collaborazione, suggerendo agli operatori culturali impegnati nei progetti dedicati ai malati di Alzheimer gli specialisti più all’avanguardia nel campo della musicoterapia.

Tronci ha rapporti costanti anche con altre istituzioni culturali pistoiesi, per esempio con l’Accademia di Musica Italiana per Organo, nella quale “Provincia di Pistoia, Comune di Pistoia, Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia riconoscono lo strumento per salvaguardare e valorizzare il ricco patrimonio di organi storici presente sul territorio”: questo è quello che si legge sul sito ufficiale di questo importante istituto, fondato come associazione nel 1975 da don Umberto Pineschi, professore di organo e organista della Cattedrale di Pistoia, ed eretto in fondazione nel 1984.

Sull’Accademia pesa la riduzione dei contributi annuali da parte dei soci fondatori, con il risultato che vengono fatti pochissimi concerti l’anno e l’ente risulta quasi inoperativo.

Di recente, lo stesso Pineschi, che non è più presidente dall’Accademia da alcuni anni, ha annunciato che due organi di sua proprietà lasceranno Pistoia: un organo moderno, del 1973, ha sostituito un organo non funzionante nella cattedrale di Pescia, mentre un Tronci del 1793, che da alcuni anni era sistemato nella cattedrale di Pistoia, è stato donato a fine novembre al conservatorio Tartini di Trieste, la città natale del sacerdote.

Fa male sentire da Tronci, che anche lui probabilmente dovrà disfarsi dell’organo più importante che ha: una “meravigliosa perla”, così la descrive, che si trova alla Villa Smilea di Montale e che proviene dalla Sagra Musicale Umbra. A Pistoia ci sono 25-30 organi molto importanti e in buone condizioni, ma tanti di questi sono stati esportati all’estero: “Per esempio uno splendido organo del 1728 di Filippo Tronci I, che adesso si trova all’abbazia di Capoliveri. Gli organari Riccardo Lorenzini e Samuele Maffucci, miei amici carissimi, lo hanno restaurato qui a Pistoia per conto di una ricca famiglia svizzera che aveva scelto l’Isola d’Elba come luogo di vacanza”.

“Sono accadute delle cose da non rammentare per quanto riguarda la conservazione del patrimonio di tutti. C’è in atto una disgregazione molto preoccupante”. Sono ancora una volta amare le riflessioni di Luigi Tronci sulla conservazione del patrimonio culturale.

“E’ vero che ci sono tanti interventi prioritari da fare, dalle scuole alla viabilità, ma c’è anche da dire che le amministrazioni non si rendono disponibili a forme di collaborazione”, accusa il Maestro.

Che lancia una proposta concreta: “Ho 870 strumenti musicali da tutto il mondo, i magazzini che ho in Fondazione sono troppo pieni per poter garantire un’adeguata conservazione. Mi avevano promesso spazi, ma io voglio un utilizzo concreto, vorrei che fosse destinata a un percorso museale interattivo, ma soprattutto didattico”.

Come è giusto che sia, la speranza per un utilizzo proficuo del tesoro della Fondazione Tronci è riposta nelle nuove generazioni. Le lezioni dedicate agli alunni delle scuole dell’infanzia, delle primarie e delle medie sono già una bellissima realtà (Maggiori informazioni a questo link).


 

Il Maestro ne è orgoglioso: “Con i ragazzi si parla di musica più che in una scuola di musica. Si affronta la nascita e l’evoluzione del suono dagli uomini delle caverne in avanti. Si fa antropologia, conoscenza dei materiali, fisica del suono, si parla delle religioni. Si conoscono la storia, la geografia, si costruiscono degli strumenti”.

Rimango colpita dall’entusiamo del Maestro e prometto di assistere a una delle prossime lezioni. Intanto vengo accompagnata a visitare la fabbrica. Non assisto alla fusione, che di solito avviene una volta a settimana, ma apprendo che qui viene usato un esclusivo metodo di fusione a centrifuga, denominato “Rotocasting": grazie a forme rotanti che ruotano a circa 1.000 giri al minuto, si eliminano le impurità presenti nella lega di bronzo (composta da 80 parti di rame e 20 parti di stagno, oltre a una parte di argento).

I vantaggi della fusione a centrifuga sono: uno spessore della campana maggiore rispetto ai piatti ottenuti per semplice stampaggio, una maggior durata dello strumento nel tempo e una naturale tendenza a migliorare le proprie qualità sonore man mano che lo strumento viene suonato. Sia la tornitura che la martellatura sono fatte a mano, creando un rapporto speciale e unico tra artigiano e strumento. Con i magli vengono dati dai 1200 ai 2000 colpi da 35 chili per centimetro quadro. L'unica macchina presente in fabbrica è un tornio a controllo alfa-numerico. Dopo le sollecitazioni  meccaniche subite, i piatti vengono lasciati a riposare in un apposito magazzino per almeno due mesi. Passato questo periodo si controlla il suono individuale di ciascun piatto.

I piatti “promossi” passano in serigrafia e vengono selezionati per peso, mentre quelli scartati ritornano in fonderia. Un lavoro prezioso e meticoloso, che va incontro alle esigenze professionali e artistiche dei musicisti e dei musicoterapisti, pronti a regalare con la loro arte momenti di gioia e armonia.

NOTE

Nella foto 2, da sinistra a destra: - - Campane tubolari di produzione attuale con musicista, supporto con scalette e carillon intero - - Cavalletto in legno su ruote, originale, alto circa 3 metri, a supporto delle campane tubolari di Tosca

In alto a destra - - Cavalletto in ferro ad arco, originale, in possesso del Maestro Tronci, a supporto del “Tam tam campana” con il timbro della Casa Ricordi, diametro 70 cm In basso a destra - - Campana a calotta, copia dell’originale, di proprietà del Teatro Alla Scala

 

Articolo originariamente pubblicato sulla testata PistoiaSette

mercoledì 24 agosto 2022

Tanti auguri a Lorenzo Pratesi per i suoi primi 40 anni!


Nascere a Pistoia nel giorno di San Bartolomeo significa che nel corso della propria vita si sarà sempre un po' bambini. E' quello che sicuramente porta nell'animo il mio amico Lorenzo Pratesi, nato il 24 agosto del 1982 proprio a Pistoia, l’unica tra le città toscane a dedicare un culto all’apostolo Bartolomeo, omaggiato come santo protettore dei più piccoli e celebrato in una grande festa popolare nella piazza antistante la chiesa che porta il suo nome.

Lorenzo è una persona spontanea e giocosa, ma anche riflessiva quando serve, che ha fatto dell'amicizia uno dei suoi più grandi punti di riferimento. Coltivando relazioni con la sincerità e l'assenza di pregiudizi che vengono proprio dall'infanzia di ciascuno di noi e che non sempre è facile mantenere da adulti

Ma c'è una cosa senza la quale non potrebbe vivere e attraverso la quale esprime il suo universo valoriale: il teatro. Un'arte alla quale si è consacrato da 21 anni e che lo ha portato a scrivere, recitare e dirigere commedie nella sua città natale e non solo, collezionando oltre 200 date e facendo il tutto esaurito per 30 volte al Teatro Bolognini di Pistoia e al Teatro Moderno di Agliana.

Il tutto riuscendo a coinvolgere ben 20 organizzazioni di volontariato, che grazie ai suoi spettacoli hanno potuto dare maggiore forza a cause di rilevanza sociale.

L'impegno di Lorenzo travalica infatti il teatro e si espande anche a sostegno del benessere psicologico: da alcuni anni è segretario nazionale di ANSES, l'Associazione Nazionale Stress e Salute, nata per diffondere il benessere e la salute psicosociale e presieduta da Sabrina Ulivi, psicologa e psicoterapeuta, specialista in psiconeuroimmunologia.

Con ANSES ha sviluppato numerosi seminari formativi in cui la psicologia incontra il teatro, come quello tenuto questa primavera nella cornice del Parco del Villone Puccini, sempre nella sua Pistoia e che ha visto la partecipazione di 24 persone, tutte entusiaste di combinare l'arrivo della bella stagione con il ritorno alla socialità, così minata da mesi di restrizioni sanitarie, e di farlo proprio su temi legati all'incontro con l'altro e alla conoscenza di se stessi.

Io stessa, a dicembre 2021 lo avevo visto in teatro a Santa Croce sull'Arno, in un periodo non facile della pandemia e quello spettacolo - una delle date di "Poeticamente in Teatro" - mi era sembrato un ritorno alla vita: tra risate e poesia, cabaret e canzoni, mi dimenticai per un po' di tutti i pensieri. (Per rivivere con me quella serata leggete il testo che scrissi in omaggio a tutto il cast).

Questo è il regalo che Lorenzo fa ogni volta che sale sul palco e questo è il regalo che gli faccio oggi con il mio post: tanti auguri di buon compleanno, ci vediamo a fine 2023 in mezzo al tuo amato pubblico!

martedì 23 agosto 2022

Da Pistoia a Santiago de Compostela con un messaggio di pace: il traguardo è vicino!

Oggi voglio invitarvi a seguire la volata finale di un viaggio molto speciale: quello di cinque pellegrini pistoiesi diretti a Santiago de Compostela. Rodolfo e Andrea sono partiti da Pistoia il 28 maggio scorso, dopo un preliminare di due giorni sulla montagna pistoiese. Tina, Viviana e Luisa si sono aggiunte in seguito, raggiungendoli a Saint Jean Pied de Port, il punto di avvio del Cammino Francese.

Ieri il gruppo è giunto a Portomarin, a 90 kilometri dalla capitale della Galizia e queste sono alcune delle foto che ricevo giornalmente e che mi occupo di inserire nei profili social relativi a questa bellissima avventura: li trovate su Instagram e su Facebook

 


 

 






Dopo l’Anno Santo Iacobeo appena trascorso, Rodolfo e Andrea hanno voluto rinsaldare il legame millenario con Santiago de Compostela, nato nel 1145, quando il vescovo Atto riuscì a far arrivare in città una reliquia del Santo, che da allora fu proclamato patrono di Pistoia. Stanno portando in quella terra un forte messaggio, che va oltre i confini territoriali e le barriere ideologiche: “Siamo tutti pellegrini del mondo”. 

La frase è stata riportata sulla maglietta celebrativa del cammino, insieme a un disegno a mano libera realizzato dall’artista e scultore Dorando Baldi, fratello di Rodolfo.

Dimostriamo vicinanza e sostegno a un progetto che segnerà sicuramente un traguardo importante nella valorizzazione delle nostre radici storiche e culturali, non solo di quelle di Pistoia, ma dell’Europa intera.


 

 

mercoledì 4 maggio 2022

Incontriamoci a Pistoia per 'Primavera No stress - Psicologia e teatro al parco'

Cosa ci fanno un attore di commedie brillanti e una psicologa di origini tedesche in un parco ottocentesco di una verde cittadina toscana? 

Lorenzo Pratesi

Sono gli elementi salienti di 'Primavera No stress - Psicologia e teatro al parco', l'ultima iniziativa di ANSES, l'Associazione Nazionale Stress e Salute nata a Pistoia nel 2012 Dott.ssa Julia Anna Freisleben, psicologo e psicoterapeuta, sarà il protagonista di quattro incontri dal sapore leggero e decisamente primaverile tra giochi teatrali, mimica, prossemica e piccole perle di psicologia, al fine di scoprire di più di se stessi e immedesimarsi meglio negli altri: non è un corso di teatro e non è un seminario di psicologia, è un perfetto incastro tra due mondi così lontani ma anche così vicini. 

Ad aggiungere un tocco pre-estivo agli eventi ci pensa il magico luogo che farà loro da cornice: il Parco del Villone Puccini a Pistoia, un pezzo di storia, di verde e di cultura dal valore inestimabile per tutta la città.

Ecco i dettagli degli incontri

Lunedi 16/23/30 Maggio e Lunedi 6 Giugno, dalle ore 18.45 alle ore 20.15

La presidente dell’associazione, che ha sede in Via dello Spartitoio 15 a Pistoia, è la Dott.ssa Sabrina Ulivi, specialista in psicologia clinica, psicoterapeuta e psiconeuroimmunologa.

Per info e costi inviare una mail a info@anses.it oppure telefonare al numero 3933690066.

 

Sabrina Ulivi
 
Julia Anna Freisleben

 

L'annuncio del nuovo impegno in casa ANSES di Lorenzo è stata l'occasione per uno sguardo su questo turbolento 2022 in corso. Teatralmente, non ci sono state uscite ma un lavoro di scrittura che vedrà i suoi frutti più avanti. La nuova opera non sarà legata alla musica come le precedenti, ma sarà un ritorno al teatro duro e puro, alla classica commedia. Il cast è già stato scelto e sono in corso di valutazione le locations dove lo spettacolo andrà in scena. 

I primi 40 anni di Lorenzo sono in arrivo ed è significativo pensare che oltre la metà li ha trascorsi su un palcoscenico, facendo quello che ama di più nella vita. E quando gli chiedo cosa si aspetta dal futuro, lui mi dà una saggia risposta: "Il mio sogno è non aspettarmi niente, perché le grandi aspettative sono sempre disattese".

Sui social il nuovo record viene da Instagram, con 12mila followers. La cosa più importante, però, sono gli eventi dal vivo, che segnano sempre il tutto esaurito. "Lorenzo, come ti spieghi tutto questo seguito?" - gli chiedo - "Semplicemente, non me lo spiego!" E ride...

Non aspettarsi niente, non cercare una spiegazione a tutto... Forse è questo il segreto per vivere ogni giorno con meno ansie e preoccupazioni. 

Intanto Lorenzo continua a far vivere il suo sogno artistico, che a giugno avrà un nuovo capitolo: una partecipazione in un importante teatro della costa toscana.