lunedì 25 novembre 2024

Storie di Pistoia - Il Maestro Luigi Tronci e le campane di Tosca alla Scala di Milano

Ha inizio da oggi una rassegna di articoli dedicati alla città di Pistoia, pubblicati dal 2012 al 2024 sul quotidiano online PistoiaSette, sul quotidiano online La Voce di Pistoia e sulla rivista Toscana Economy

Intervista al Maestro Luigi Tronci, l'artigiano che ha portato il nome di Pistoia nel mondo

PISTOIA, 26 gennaio 2020 - Tra i tanti tesori nascosti che Pistoia custodisce tra le sue mura c’è la Fondazione Tronci, una importante istituzione culturale che con la sua ricchissima collezione di strumenti musicali a percussione (circa 870) racchiude oltre 150 anni di storia della musica italiana, permettendo al visitatore di fare un viaggio nell’artigianato pistoiese ed anche nella storia dei popoli del mondo.


La Fondazione nasce nel 2008 per volere del Presidente Luigi Tronci, erede di una famiglia che a partire dalla metà del 1700 ha dato vita alla scuola organaria pistoiese: i Tronci, insieme agli Agati, rappresentano l’eccellenza nella manifattura degli organi e si sono imposti in Italia, in Europa e nelle Americhe.

In seguito i Tronci hanno avviato la produzione di strumenti come campane, gong e tam tam, usati dai più grandi compositori di opere classiche, da Puccini a Mascagni, da Verdi a Rossini.

Oggi, la produzione artigianale continua con la UFIP, l’Unione Fabbricanti Italiani Piatti, riconosciuta a livello internazionale per i suoi piatti musicali, scelti e apprezzati dai migliori batteristi della scena mondiale.

Ed è proprio nel suo studio al primo piano della UFIP, in via Galilei, che abbiamo incontrato il Maestro Tronci.

Con lui abbiamo ricordato la recente esposizione mediatica, che lo ha visto in diretta nazionale su Rai 1 lo scorso 7 dicembre, per la prima di Tosca al Teatro alla Scala di Milano. Le campane delle chiese di Roma che suonano il mattutino all’inizio del terzo atto dell’opera e in particolare la campana che, secondo le intenzioni di Giacomo Puccini, doveva riprodurre il rintocco del campanone della basilica di San Pietro, sono tutti strumenti che vengono dalla Fondazione Tronci e che sono stati scelti dal Teatro alla Scala per la prestigiosa edizione del 2019, diretta da Riccardo Chailly.

“Sono circa 50 anni che lavoriamo con la Scala e con tutti i più importanti teatri italiani - premette il Maestro - anche se in passato c’era un rapporto più continuativo. Questa edizione di Tosca voleva mettere insieme le strutture necessarie per fare una riproduzione con gli strumenti originali usati da Giacomo Puccini”.

I contatti recenti tra la Scala e la Fondazione Tronci sono in relazione con il destino della Casa Ricordi, che Luigi Tronci descrive così: “Sempre a Milano, eravamo in relazione con la Casa Ricordi, che nei suoi 200 anni di vita è stata l’editore dei grandi operisti italiani. Da loro ricevevamo gli strumentari che venivano dati a noleggio in tutto il mondo insieme alle partiture dell’orchestra, ossia gli strumenti più atipici: le campane da pranzo, la fonica della Fanciulla del West di Puccini, i tam tam campana del famoso mi basso di Tosca, le campane di Suor Angelica. Un panorama che ho tutto qui in Fondazione. Dalla Casa Ricordi, tramite il Prof. Ostinelli, mi fu proposto di visionare il loro archivio per salvare degli strumenti costruiti dai Tronci per i grandi compositori. Nel caveau di via Salomone a Milano trovai anche la corrispondenza dei miei antenati con il maestro Puccini, che avevo chiesto di riavere per migliorare il mio archivio. Alla Scala hanno attrezzature di palco che fanno fronte a qualsiasi manifestazione, ma per le campane di Tosca non erano in grado di farlo: con i vari passaggi societari subiti dalla Ricordi non potevano prendere quello che gli serviva - nel frattempo l’archivio era stato trasferito nel Palazzo di Brera - e che era stato progettato molto tempo prima. Tre funzionari della Scala, tra cui il Prof. Arfacchia dell’archivio musicale, sono quindi passati dalla Fondazione, senza avvisare: abbiamo fatto un primo incontro di una giornata intera, a cui si riferisce il servizio visto in televisione, poi dopo qualche giorno sono tornati con un trasportatore ufficiale e hanno prese a noleggio le campane. Si tratta di materiale costruito ai primi del ‘900, che erano ansiosi di prendere, proprio per onorare e tenere su l’immagine dell’Italia, come si addice al maggiore teatro italiano”.

Tronci e la sua famiglia hanno sempre avuto un filo diretto con Giacomo Puccini: “Nei suoi scritti e nelle sue partiture si legge che ha fatto fare da noi tre tipi di strumenti che riguardano la Tosca, che riproducessero quel momento particolare del mi basso in seconda ottava del pianoforte, difficilmente raggiungibile con gli strumenti a percussione. Il tam campana, un tipo di gong con il bordo rovesciato, è quello più vicino al pensiero del maestro: voleva che la nota fosse un mi grave e che assomigliasse al rintocco di un campanone, di una chiesa molto importante, come quella di San Pietro. Per riprodurla si immaginava un suono lugubre profondo, potente, che desse un coinvolgimento”.

Come si vede, c’è un profondo interesse filologico per le indicazioni che Puccini lasciò nei suoi scritti: “Nella compagine orchestrale le campane tubolari sono macchine alte tre metri e larghe 10 cm di diametro che hanno bisogno di un’impalcatura, di un battente e di un percussionista. Vanno smorzate con le mani per poi stopparle dopo un minimo di risonanza oppure usando uno smorzatore a pedali. Nei suoi scritti indicò in quale parte della scena dovevano essere collocate, lui stesso fece delle prove e si servì anche del parere di maestri campanari, come quello del paesino versiliese di Bargecchia”.

E se ancora viene contattato da direttori d’orchestra come Riccardo Muti, che tre anni fa gli chiedeva “dei campanelli di bronzo per riprodurre le alabarde turche delle opere di Rossini”, Tronci si abbandona ad un’amara riflessione: “Tanti strumenti sono stati abbandonati, l’artigianato è quasi scomparso: è diventato difficile reperire il nocciolo sonoro e musicale degli strumenti. A Pistoia, come da documento del 1946 firmato dal presidente della Camera di Commercio, c’erano 24 fonderie, oggi invece per fondere oggetti diversi dai piatti musicali, bisogna andare fuori città”.

“Inoltre, sta prendendo piede – denuncia il Maestro – il ricorso ai suoni campionati, una pratica terribile a cui i direttori d’orchestra si affidano quando hanno problemi a reperire gli strumenti. Questo è successo al Festival Pucciniano e mi ha portato ad avere delle forti discussioni. E’ inaccettabile togliere i maestri degli emicicli orchestrali e farli suonare azionando un tasto. Infatti il rischio di fare fiasco è alto perché ci vogliono degli impianti sofisticati di riproduzione. Penso che cercare di ricostruire gli strumenti che mancano sarebbe un atto dovuto, in onore al compositore dell’opera”.

Il legame della famiglia Tronci con l’arte e l’artigianato pistoiese deriva anche da una parentela illustre: Luigi, per parte di madre, è nipote dell’architetto Giovanni Michelucci, la cui famiglia gestiva la storica fonderia per la lavorazione artistica del bronzo, che fino a pochi anni fa si trovava in Via dell’Anguillara. Proprio qui nacque la monumentale scultura (“Resurrezione” dell’artista Pericle Fazzini), posta al centro della Sala delle Udienze papali in Vaticano, più conosciuta come Sala Nervi. Di Michelucci, viene ricordata l’affinità con Puccini: pur in campi totalmente diversi, pensavano al sociale, ai materiali, al contatto diretto con gli artigiani. E’ da questo che sono nate opere artistiche di grande coinvolgimento.

Luigi Tronci ha portato fino al XXI secolo quella passione per l’artigianato che è stata la cifra della sua famiglia e gli ha dato stabili radici con l’attività della UFIP, nata nel 1931 come consorzio tra cinque aziende produttrici di strumenti musicali e diventata una srl nel 1968. Tra queste aziende c’era la Leopoldo Rosati di Sesto Fiorentino, alla quale si deve la fusione delle campane della Cattedrale di Pistoia.

In una città che dovrebbe vivere di musica ad ogni livello, dove a luglio, ricorda il maestro, c’è stata una stagione operistica fiorentissima, si fa sempre meno per la cultura e il patrimonio artistico. “Dopo tanti incontri con le amministrazioni che si sono succedute, sono un po' abbattuto. C’è stata molta attenzione durante il 2017, l’anno in cui Pistoia è stata Capitale della Cultura, mentre dopo è tutto caduto nel dimenticatoio”.

Per spiegare meglio questo suo pensiero, Tronci richiama le parole del Granduca Pietro Leopoldo di Toscana: nelle sue “Storie del periodo risorgimentale della Toscana”, espresse profondo rammarico per come i vari governanti che avevano amministrato il territorio pistoiese e montano prima di lui non avessero mai reso onore alle potenzialità dei loro cittadini e dei loro paesani. Il riferimento al Granduca non è casuale, perché proprio questo illuminato sovrano nel 1785 istituì a Pistoia e in altre città del Granducato dei centri pilota, dove le ragazze e i ragazzi privi di famiglia che vi erano ospitati potessero ricevere un’educazione ed imparare un mestiere, con in mano una prospettiva diversa da quella di rimanere nel chiuso di un convitto religioso per tutta la vita. La Fondazione Conservatorio San Giovanni Battista di Corso Gramsci, nei cui spazi ha sede anche la Fondazione Tronci, è uno di questi centri ed è uno dei frutti dell’avanzato pensiero riformista del Granduca in campo sociale.

Luigi Tronci ci fa capire che anche oggi servirebbero amministratori illuminati, ma tanti cambiamenti in positivo sono frenati da quello che lui chiama ‘provincialismo’ e dalla presenza di una moltitudine di associazioni culturali che fanno tutto per conto loro, senza legare l’una con l’altra.

Uno spiraglio nelle opportunità di promozione del patrimonio della Fondazione Tronci si è aperto grazie al supporto delle aziende vivaistiche, come Vannucci Piante e Giorgio Tesi Group. In particolare, tramite un depliant denominato “Una via per tre musei: Casa Sicura, Fondazione Tronci e Museo Marini”, stampato proprio dall’azienda di Badia a Pacciana, si voleva invitare le istituzioni a inserire anche la Fondazione Tronci nel circuito del turismo.

Come abbiamo compreso, tuttavia, si tratta di azioni isolate e non inserite in un piano strutturale di promozione, che spetterebbe alle amministrazioni pubbliche.

Il nome del depliant, inoltre, non può non farci pensare alle brutte vicende che sta vivendo il Museo Marino Marini, con il quale Luigi Tronci ha avuto degli interessanti rapporti di collaborazione, suggerendo agli operatori culturali impegnati nei progetti dedicati ai malati di Alzheimer gli specialisti più all’avanguardia nel campo della musicoterapia.

Tronci ha rapporti costanti anche con altre istituzioni culturali pistoiesi, per esempio con l’Accademia di Musica Italiana per Organo, nella quale “Provincia di Pistoia, Comune di Pistoia, Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia riconoscono lo strumento per salvaguardare e valorizzare il ricco patrimonio di organi storici presente sul territorio”: questo è quello che si legge sul sito ufficiale di questo importante istituto, fondato come associazione nel 1975 da don Umberto Pineschi, professore di organo e organista della Cattedrale di Pistoia, ed eretto in fondazione nel 1984.

Sull’Accademia pesa la riduzione dei contributi annuali da parte dei soci fondatori, con il risultato che vengono fatti pochissimi concerti l’anno e l’ente risulta quasi inoperativo.

Di recente, lo stesso Pineschi, che non è più presidente dall’Accademia da alcuni anni, ha annunciato che due organi di sua proprietà lasceranno Pistoia: un organo moderno, del 1973, ha sostituito un organo non funzionante nella cattedrale di Pescia, mentre un Tronci del 1793, che da alcuni anni era sistemato nella cattedrale di Pistoia, è stato donato a fine novembre al conservatorio Tartini di Trieste, la città natale del sacerdote.

Fa male sentire da Tronci, che anche lui probabilmente dovrà disfarsi dell’organo più importante che ha: una “meravigliosa perla”, così la descrive, che si trova alla Villa Smilea di Montale e che proviene dalla Sagra Musicale Umbra. A Pistoia ci sono 25-30 organi molto importanti e in buone condizioni, ma tanti di questi sono stati esportati all’estero: “Per esempio uno splendido organo del 1728 di Filippo Tronci I, che adesso si trova all’abbazia di Capoliveri. Gli organari Riccardo Lorenzini e Samuele Maffucci, miei amici carissimi, lo hanno restaurato qui a Pistoia per conto di una ricca famiglia svizzera che aveva scelto l’Isola d’Elba come luogo di vacanza”.

“Sono accadute delle cose da non rammentare per quanto riguarda la conservazione del patrimonio di tutti. C’è in atto una disgregazione molto preoccupante”. Sono ancora una volta amare le riflessioni di Luigi Tronci sulla conservazione del patrimonio culturale.

“E’ vero che ci sono tanti interventi prioritari da fare, dalle scuole alla viabilità, ma c’è anche da dire che le amministrazioni non si rendono disponibili a forme di collaborazione”, accusa il Maestro.

Che lancia una proposta concreta: “Ho 870 strumenti musicali da tutto il mondo, i magazzini che ho in Fondazione sono troppo pieni per poter garantire un’adeguata conservazione. Mi avevano promesso spazi, ma io voglio un utilizzo concreto, vorrei che fosse destinata a un percorso museale interattivo, ma soprattutto didattico”.

Come è giusto che sia, la speranza per un utilizzo proficuo del tesoro della Fondazione Tronci è riposta nelle nuove generazioni. Le lezioni dedicate agli alunni delle scuole dell’infanzia, delle primarie e delle medie sono già una bellissima realtà (Maggiori informazioni a questo link).


 

Il Maestro ne è orgoglioso: “Con i ragazzi si parla di musica più che in una scuola di musica. Si affronta la nascita e l’evoluzione del suono dagli uomini delle caverne in avanti. Si fa antropologia, conoscenza dei materiali, fisica del suono, si parla delle religioni. Si conoscono la storia, la geografia, si costruiscono degli strumenti”.

Rimango colpita dall’entusiamo del Maestro e prometto di assistere a una delle prossime lezioni. Intanto vengo accompagnata a visitare la fabbrica. Non assisto alla fusione, che di solito avviene una volta a settimana, ma apprendo che qui viene usato un esclusivo metodo di fusione a centrifuga, denominato “Rotocasting": grazie a forme rotanti che ruotano a circa 1.000 giri al minuto, si eliminano le impurità presenti nella lega di bronzo (composta da 80 parti di rame e 20 parti di stagno, oltre a una parte di argento).

I vantaggi della fusione a centrifuga sono: uno spessore della campana maggiore rispetto ai piatti ottenuti per semplice stampaggio, una maggior durata dello strumento nel tempo e una naturale tendenza a migliorare le proprie qualità sonore man mano che lo strumento viene suonato. Sia la tornitura che la martellatura sono fatte a mano, creando un rapporto speciale e unico tra artigiano e strumento. Con i magli vengono dati dai 1200 ai 2000 colpi da 35 chili per centimetro quadro. L'unica macchina presente in fabbrica è un tornio a controllo alfa-numerico. Dopo le sollecitazioni  meccaniche subite, i piatti vengono lasciati a riposare in un apposito magazzino per almeno due mesi. Passato questo periodo si controlla il suono individuale di ciascun piatto.

I piatti “promossi” passano in serigrafia e vengono selezionati per peso, mentre quelli scartati ritornano in fonderia. Un lavoro prezioso e meticoloso, che va incontro alle esigenze professionali e artistiche dei musicisti e dei musicoterapisti, pronti a regalare con la loro arte momenti di gioia e armonia.

NOTE

Nella foto 2, da sinistra a destra: - - Campane tubolari di produzione attuale con musicista, supporto con scalette e carillon intero - - Cavalletto in legno su ruote, originale, alto circa 3 metri, a supporto delle campane tubolari di Tosca

In alto a destra - - Cavalletto in ferro ad arco, originale, in possesso del Maestro Tronci, a supporto del “Tam tam campana” con il timbro della Casa Ricordi, diametro 70 cm In basso a destra - - Campana a calotta, copia dell’originale, di proprietà del Teatro Alla Scala

 

Articolo originariamente pubblicato sulla testata PistoiaSette

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