A Pistoia è conservato il primo capolavoro di Giovanni Boldini

Da oggi la città di Ferrara rende omaggio al suo illustre concittadino Giovanni Boldini con una mostra allestita a Palazzo dei Diamanti: oltre 40 opere – tra dipinti ad olio, pastelli, acquerelli, disegni e incisioni – selezionate fra quelle custodite nel Museo a lui intitolato raccontano il suo talento di pittore della “donna moderna” e del suo fascino.

Nel 2021 ho avuto modo di scoprire che a Pistoia il pittore ferrarese, a 26 anni, produsse delle pitture murali che hanno rischiato di essere inghiottite dall'usura del tempo. Ecco l'articolo che racconta questa storia d'arte e di burrascosi sentimenti.



PISTOIA - 28/02/2021

Lo conosciamo come il “ritrattista delle Dame” e come raffinato interprete della Belle Epoque in campo pittorico, grazie alla sua lunga permanenza nella città che di quella temperie culturale fu la culla, Parigi. Suo è anche il celeberrimo ritratto di Giuseppe Verdi, realizzato a pastello nel 1886 e conservato nella Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma.
Nell’anno in cui si celebrano i 90 anni dalla morte, vogliamo tuttavia ricordare il pittore ferrarese Giovanni Boldini (1842-1931) per le sue opere del periodo toscano e in particolare pistoiese.

Giovanni Boldini
Nel 1868 Boldini produsse un ciclo di tempere murarie che adornavano la sala da pranzo di un villino di Collegigliato, a pochi passi dalle Ville Sbertoli: Villa La Falconiera prende il nome dalla sua proprietaria, Isabella Robinson Falconer, che di Boldini divenne la mecenate. Ad introdurre il giovane artista presso la ricca signora inglese, fu Telemaco Signorini, esponente dei Macchiaioli e primo recensore del giovane estense. Nel 1866, in occasione di una esposizione alla Promotrice Fiorentina, ebbe modo di esprimere parole di ammirazione: "Il sig. Boldini di Ferrara è un nome nuovo ma che brillantemente esordisce; egli ha esposto tre piccoli ritratti di un merito non comune e un quadretto rappresentante L'amatore di belle arti; la novità del genere confonde i classificatori che non sanno assegnargli un posto nelle categorie d'arte."

Madame Falconer, a sua volta, aveva conosciuto Signorini grazie al comune amico anglista Enrico Nencioni. Isabella, non solo inizia ad acquistare i dipinti di Telemaco Signorini, ma ne diventa allieva, seppur già molto malata.

Si tratta di una donna libera dalle convenzioni e in rotta con la famiglia di origine e con il padre, l'agiato costruttore Joshua Robinson. I fatti antecedenti al periodo toscano sono stati ricostruiti solo vent’anni fa grazie alla studiosa americana Betty Bennett, come riporta il volume “La stagione della Falconiera”, edito nel 2017 in occasione dell’omonima mostra allestita presso il Museo dell’Antico Palazzo dei Vescovi e curata da Francesca Dini: dopo essere stata abbandonata dallo statunitense William Grenville Grahame, con il quale ha avuto la figlia Adeline, riesce a sposare Walter Sholto Douglas, il quale non è altro che una donna in abiti maschili, la scrittrice Mary Diana Dods, costretta a questo stratagemma per poter trovare credito presso gli editori. 

A permettere l’unione tra le due, è la comune amica di entrambe, la scrittrice Mary Shelley, che procura alla coppia dei passaporti falsi, grazie ai quali arrivano a Parigi. Siamo nel 1827, due anni dopo la signora Douglas è già vedova e inizia a frequentare il reverendo William Falconer, rettore della diocesi di Bushey, nei pressi di Londra. Del matrimonio con questo uomo di chiesa non è stato trovato un atto legale, si sa però che acquistarono un villino nel centro di Firenze, dove Isabella rimane spesso da sola, in assenza, per motivi di lavoro, del marito.

Nel 1860 Isabella compra per proprio conto Villa La Falconiera: avrebbe potuto godere della fitta trama di relazioni offerte dalla Villa dell’Ombrellino, a Bellosguardo, allora frequentata dal pittore impressionista Marcel Desboutin e da tanti artisti d'Oltralpe, invece scelse la campagna pistoiese e permise di far venire alla luce un’opera di grande pregio che ha rischiato di andare perduta per sempre.

La Dame de Biarritz - 1912

Lo stesso rapporto con Boldini fu assai tormentato. Come scrive Francesca Dini, “dall’equilibrato rapporto intellettuale instaurato con Signorini, la signora inglese precipita nell’avventura mecenatizia con Boldini, con le mille complicazioni emotive ed economiche che seguono”. "E’ intuibile – continua la storica dell’arte – come la matura signora inglese venga travolta dalla personalità irruenta e dal facile virtuosismo del giovane ferrarese, amante della bella società e del bel vivere”.

Grazie a un amico greco della Falconer, Boldini nell’estate del 1867 compie il suo primo viaggio a Parigi, al quale seguirà un soggiorno in Costa Azzurra con la signora. Entrambi sono ospiti del Marchese de Séravalle de Assereto, generale spagnolo immortalato in uno splendido ritratto. Sempre in quell’anno soggiorna a Castiglioncello, nella villa di Diego Martelli, e stringe un sodalizio artistico con Giovanni Fattori. Diventa protetto del mecenate e pittore Cristiano Banti, che aveva il suo cenacolo artistico alla Villa del Barone, sulle colline di Montemurlo. La figlia di costui, Alaide Banti, è considerata la sposa mancata di Giovanni Boldini: lui stesso la chiamò "mia fidanzata di già 60 anni" e la ritrasse in molteplici occasioni.

La commissione delle tempere della villa di Collegigliato avviene nel 1868, solo un anno prima della morte della sua protettrice. Gli affreschi, eseguiti prendendo spunto dagli studi dal vero raccolti a Castiglioncello e nella campagna di Collegigliato, hanno per tema il motivo dei bovi bianchi aggiogati, vera e propria costante della pittura macchiaiola, una solitaria marina (che sembra non corrispondere alla costa di Castiglioncello, quanto al porto di Piombino) e altre scene di vita agreste: la stesa dello strame, il riposo dei mondatori di grano, i battitori di grano, un pagliaio, la stesa del bucato, una guardiana di capre sulla spiaggia. Queste otto scene sono distese su quattro pareti e, come suggerisce Francesca Dini, “sembrano essere state organizzate secondo la tradizione iconografica dei cicli affrescati dedicati ai quattro elementi: Terra, Aria, Acqua e Fuoco”. 

Le tempere stese sulla sala da pranzo della villa “mostrano la mano di un pittore pienamente padrone dei propri mezzi anche su superfici di grande ampiezza”. Di questo capolavoro, lo stesso Boldini si sarebbe dimenticato molto presto, complici anche gli screzi con la signora Falconer: sembra che il pittore finì per andarsene dalla villa senza terminare una serie di dipinti per i quali aveva, tuttavia, ricevuto dalla dama inglese un cospicuo anticipo. Da quel momento inizia l’avventura parigina, che consacra il ferrarese come il pittore della Belle Epoque.

Fu la figlia di Isabella, Adelina Drummond Wolff, ad ereditare oltre alla villa, anche il contenzioso con Boldini. Tuttavia, l’erede, che viaggiava spesso con il marito, un diplomatico inglese, raramente ebbe modo di frequentare Pistoia, tanto che la villa nel 1906 venne ceduta a Nino Sbertoli.

Ciò che rischiò di venire sepolto dall’oblio venne per fortuna salvato da Emilia Cardona, giovane moglie del maestro, sposata a 87 anni quando lei ne aveva 30. La giornalista e scrittrice, autrice di una biografia dell’artista, aveva cominciato a raccogliere dei racconti anche sul suo periodo giovanile, scoprendo che il marito aveva lavorato a un ciclo di affeschi in una città toscana che iniziava con la lettera “P”. La Cardona raccontò questo particolare a Sigfrido Bartolini, altro illustre artista pistoiese. 

Emilia Cardona

                                   
Peregrinando per la Toscana, finalmente Emilia giunse a Villa La Falconiera e individuò le pitture in una stanza adibita al rimessaggio degli attrezzi agricoli. Nel 1939 la acquistò e vi trasferì da Parigi tutte le cose appartenute al marito. Gli affreschi sono diventati proprietà pubblica dopo la morte della vedova di Boldini, che li ha donati alla città di Pistoia, per poi essere distaccati dai muri della villa nel 1974 e collocati nell'Antico Palazzo dei Vescovi.

La ditta incaricata dalla Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia di realizzare i lavori fu quella di Alfio Del Serra, autore di importanti restauri sulle opere degli Uffizi. Come scrive Cristina Tuci, direttrice del Museo dell'Antico Palazzo dei Vescovi, nel già citato catalogo dedicato alla mostra 'La Stagione della Falconiera', Del Serra al suo fianco volle Giuseppe Gavazzi, restauratore, pittore e scultore, intervenuto sui maggiori cicli di affreschi della storia dell’arte: Giotto, Paolo Uccello, Piero della Francesca, Domenico Ghirlandaio, Duccio di Buoninsegna, Simone Martini, Ambrogio Lorenzetti, Domenico di Bartolo, Francesco di Giorgio, Pinturicchio. Le migliori risorse in campo artistico si unirono per dare a questo ciclo pittorico unico nel suo genere la giusta collocazione.

Giuseppe Gavazzi

Articolo originariamente pubblicato sulla testata PistoiaSette

Approfondimenti

- Il Museoarchives Giovanni Boldini Macchiaioli, a cura dello storico dell'arte pistoiese Tiziano Panconi, promuove la conservazione, la tutela e la valorizzazione dell’opera e del patrimonio artistico di Giovanni Boldini e dei Macchiaioli, fra i quali Giovanni Fattori e Telemaco Signorini.

- “Gli spaesati. Alla ricerca dell’arte perduta” è un podcast di Pistoia Musei che racconta le storie di quei capolavori d’arte pistoiesi che hanno lasciato la città per finire nei più importanti musei del mondo. Una puntata è stata dedicata proprio alle tempere di Giovanni Boldini nell'Antico Palazzo dei Vescovi. Si può ascoltare qui, dalla voce di Lorenzo Cipriani, storico dell'arte e navigatore.

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